In un ufficio della pubblica amministrazione, da qualche parte in Italia, qualcosa è cambiato. I funzionari non devono più perdere tempo cercando vecchi modelli Word per copiare la formula giusta con cui aprire una determina. Non scrivono più interamente da zero ogni risposta a richieste ricorrenti dei cittadini. E, sorprendentemente, i testi che producono sono diventati più chiari, più leggibili e più coerenti. Il motivo? Da qualche mese, usano uno strumento nuovo: un assistente basato sull’intelligenza artificiale generativa.
L’intelligenza artificiale, lo sappiamo, è entrata in molte aree della nostra vita. Ma quando si parla di pubblica amministrazione, i tempi sembrano sempre più lenti, e le novità si muovono con prudenza. Eppure, la scrittura è uno di quegli ambiti in cui un aiuto intelligente può fare la differenza. Scrivere bene, per un ente pubblico, non è solo questione di stile: è un dovere di chiarezza verso i cittadini. Ed è anche un costo, quando quel lavoro redazionale assorbe tempo, risorse e attenzione.
L’occasione giusta: semplificare dove il linguaggio è ripetitivo
La sfida è nata da una constatazione semplice: ci sono interi uffici in cui si producono ogni settimana decine di comunicazioni simili, verbali interni, risposte standard, atti con struttura fissa. E se ci fosse un modo per generare queste bozze automaticamente, partendo solo da pochi dati essenziali? L’idea ha preso forma in un piccolo progetto pilota, in cui un modello linguistico generativo – non dissimile da quelli usati oggi in molte piattaforme – è stato “addestrato” o comunque guidato con indicazioni specifiche per scrivere come un buon funzionario pubblico.
Non si è trattato di fantascienza, ma di buon senso. Si è partiti da un solo tipo di documento – ad esempio, una risposta a un’istanza di accesso agli atti – e si è creato un sistema in grado di proporre, in pochi secondi, una bozza coerente, legalmente solida e perfettamente allineata allo stile della PA. Il funzionario non fa altro che inserire le informazioni di base: il tipo di richiesta, il nome del cittadino, i riferimenti normativi. Il modello completa il resto.
Come si costruisce un sistema del genere
Dietro questo apparente automatismo, c’è un lavoro serio di progettazione. Il primo passo è stato selezionare un modello generativo affidabile – GPT, LLaMA, Claude o altri – e isolarlo in un ambiente sicuro, adatto all’uso pubblico. I testi su cui il modello si è formato sono stati scelti con cura: si è puntato su documenti amministrativi pubblici, già accessibili, per evitare rischi legati alla privacy.
La sicurezza, naturalmente, è stata una delle prime preoccupazioni. Tutto il sistema è stato ospitato su un’infrastruttura conforme alle linee guida nazionali, in modo da garantire che nessun dato lasciasse l’ente o finisse in contesti non controllati. E soprattutto, ogni bozza prodotta dal sistema passa obbligatoriamente attraverso il filtro di un operatore umano, che ha l’ultima parola su ogni parola.
Ma l’aspetto forse più interessante è stata l’integrazione con i flussi di lavoro esistenti. Nessuno ha dovuto imparare nuovi software o affrontare menu complicati. L’assistente AI è stato integrato direttamente negli strumenti già in uso: il sistema documentale, il protocollo informatico, l’editor di testi. In questo modo, il cambiamento è stato naturale, quasi invisibile.
I risultati: più tempo per pensare, meno tempo per scrivere
I risultati non si sono fatti attendere. Il tempo medio per la redazione di determinati atti è calato sensibilmente, in alcuni casi anche del 30%. Ma più del tempo, a colpire è stata la coerenza stilistica: testi più uniformi, più chiari, meno soggetti a errori o incongruenze. E, di riflesso, anche l’esperienza del cittadino è migliorata: le risposte sono più comprensibili, meno formalistiche, più accessibili anche a chi non ha dimestichezza con il gergo amministrativo.
Ovviamente, non tutto è perfetto. La supervisione resta fondamentale. Un modello generativo può proporre riferimenti sbagliati, interpretare male un contesto, confondere i nomi o le sigle. Ma in un contesto controllato, dove l’output è sempre rivisto da una persona, l’AI diventa un acceleratore potente, non un rischio.
Cultura prima di tecnologia
La vera difficoltà, come spesso accade, non è stata tecnica, ma culturale. Alcuni operatori erano inizialmente diffidenti. Altri temevano che la qualità ne avrebbe risentito. Ma con un po’ di formazione e qualche esempio concreto, le resistenze si sono sciolte. Il punto non è usare l’AI al posto delle persone, ma usarla con le persone: come una mano che scrive con te, non per te.
Il progetto, partito in piccolo, sta ora ampliando il proprio raggio. Altri tipi di atti sono in fase di test. Altri uffici si stanno interessando. E, soprattutto, si sta cominciando a ragionare su come standardizzare le richieste all’AI per ottenere risultati ancora migliori. In fondo, anche l’intelligenza artificiale scrive meglio quando le si parla con chiarezza.
Scrivere bene, amministrare meglio
L’esperienza di questo ufficio ci mostra che l’intelligenza artificiale generativa può davvero migliorare il modo in cui la pubblica amministrazione comunica, lavora e serve i cittadini. Non è un sogno futuristico, ma un percorso già iniziato, concreto, operativo.
Basta poco per cominciare: una tipologia di documento ben definita, un modello linguistico ben istruito, un’interfaccia semplice, e soprattutto un gruppo di persone pronte a sperimentare. Perché la scrittura pubblica, alla fine, è uno dei volti più visibili della PA. E se cambia quella, può cambiare tutto il resto.
- Riferimenti: Linee guida per l’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione e Strategia italiana per l’intelligenza artificiale nella PA 2024–2026
- Caso d’uso del Comune di Bologna, il progetto Génie
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